Articolo di giornale 2006, Il Sangone

TANTI PAESI UN SOL FIUME: il Sangone e le sue acque contese.

È di questi ultimi decenni un ripensamento sull’uso delle acque e sulle normative che ne regolano la proprietà. Le leggi regionali del 1994 e 1996 hanno stabilito di censirle e tutelarle, di considerarle un bene comunitario.

Non c’è epoca in cui le acque non siano state considerate un bene da gestire. L’acqua ha generato grandi civiltà e grandi scontri di civiltà.

Quanto è evidente analizzando la grande storia si può ritrovare anche in piccolo nella storia locale dei nostri paesi.

Le comunità contadine e le attività protoindustriali della valle omonima e di alcuni paesi vicini devono al Sangone molto del loro sviluppo, almeno fino all’invenzione dei marchingegni idroelettrici.

Sangone sorgenti La Roussa

Sangone sorgenti La Roussa

Il torrente trova le sue sorgenti alle falde del monte La Roussa, sul versante orientale del Rocciavrè.

In epoca antecedente alle ultime glaciazioni era un tributario della Dora Riparia.

Successivamente si è creato un nuovo percorso attraverso la sella rocciosa di Trana.

Le variazioni indotte al percorso, nella zona pianeggiante a valle di questo luogo,

hanno determinato l’attuale configurazione, portandolo ad incidere il lato sud opposto al conoide di deiezione della Dora Riparia e a crearsi un proprio alveo di 45 km. Lungo il suo corso, il Sangone è alimentato da diversi affluenti, tra cui il Brocco, il Taonera l’Ollasio. Fendendo i territori di Coazze, Giaveno, Trana, Sangano, Bruino, Rivalta, Orbassano, Beinasco confluisce nel Po sotto Moncalieri.

Il suo regime torrentizio, il fondo bibulo, fatto di grossi sassi, lo rendono, nel suo cammino verso la foce, a volte impetuoso, a volte sotterraneo e misterioso, altre ancora indolente.

È il medioevo

con le sue investiture, bandi sulle acque a donargli fama e importanza. I feudatari considerano le sue acque un bene privato da vendere e comprare.

I grandi dissodamenti dei secoli dopo il Mille, il crescere degli insediamenti, il sorgere di attività artigianali: mulini, battitori, fucine, segherie, richiedono sempre più il contributo dell’acqua.

Sono dei primi secoli basso medievali le grandi opere di canalizzazione artificiale che servono a portare sempre più lontano la sua forza, superando anche le asperità, le pendenze che il territorio presenta.

La necessità di massima copertura idrica del territorio accresce il ramificarsi di bealere e canali artificiali derivanti dal Sangone. Spicca tra questi per importanza il Sangonetto, straordinaria opera idraulica, artificiale, medievale.

La cessione dell’imperatore dei diritti sulle acque pubbliche ai signori e monasteri presenti nel territorio investiva, nei primi secoli basso medievali, aspetti importanti come i diritti di banno sui mulini.

Questa concessione era uno degli aspetti più lucrativi delle entrate feudali.

Si spiegano così le contese e la forte conflittualità sulle acque del fiume.

Le famiglie signorili più importanti del territorio come i Piossasco, gli Orsini, i Gromis, a volte consorziate, a volte in contrasto, condizionarono lo sfruttamento delle acque del Sangone.

Dal 1349, quando per la prima volta si stabilisce le quantità spettanti alle diverse comunità rivierasche, le liti costellano tutti i secoli medievali e moderni fino all’Ottocento.

La pax firmata nell’occasione evidenzia come le tensioni coinvolgano in special modo le comunità di Trana e di Piossasco.

Parte del terzo delle acque spettanti a Piossasco spesso si perdeva nei meandri sassosi del letto del fiume, si inabissava prima di imboccare la presa di distribuzione, sotto l’abitato di Trana.

Partitori a secco e in muratura furono costruiti nei secoli per suddividere le acque senza però risolvere i problemi.

È l’estate

e le frequenti siccità ad aumentare le necessità, a generare scontri, non solo verbali, tra i paesi.

Ultimo intervento nel cercare di ovviare a questo inconveniente, dell’inabissarsi delle acque e della loro maggior raccolta, rimane l’acquisto in data 28 maggio 1788 della fucina a valle del ponte, da parte della comunità di Piossasco (ancor oggi di sua proprietà) per reclamarne un’ulteriore porzione.

Altre acque e altri diritti Piossasco e Sangano li condividevano in un rivo detto Beresetta, collettore di molti contributi idrici oltre alle acque del Sangone.

Questo alimentava un tempo il mulino comunale sanganese, bagnava le regioni Fiarda e Gamberana. Costeggiando il monte S.Giorgio, con il nome di Rittana si distendeva nella parte alta di Piossasco per confluire fuori dell’abitato, verso gli Allivellatori, nel torrente Tori.

È questa la balera delle samboire, delle irrigazioni dei prati, una vera opera d’ingegneria, per lo sfruttamento delle minime pendenze.

Nel suo sviluppo e reticolo la Beresetta-Rittana è rimasta sostanzialmente immutata ed è perfettamente rintracciabile.

Anche Bruino aveva la sua bealera, in questa confluivano le acque dei fontanili Baronis, S. Polo, proprietà dei nobili locali, i Malines e le risorgive generate dal Sangone(avevano nomi curiosi Caffè e Lilla).

I Malines cedettero nell’Ottocento ai Panealbo, aristocratici e grandi proprietari terrieri, i diritti su queste acque. L’obiettivo era condurle attraverso un altro rivo, detto dei Cavalieri, verso le terre di quest’ultimi.

Rivalta invece derivava direttamente dal Sangone le acque per i suoi mulini e per l’irrigazione dei campi.

I signori del luogo le avevano rilevate da un ricco borghese, di nome Bergesio, questi a sua volta le aveva acquistate dall’abate di Sangano nel 1348.

La generosità del Sangone

si profondeva in passato per l’agricoltura, i prati irrigui fino a boschi di Stupinigi e ancor più sotto nella regione di Millefonti. Dove le sue acque non scorrevano in superficie erano restituite attraverso sorgenti e fontanili.

Il suo carattere torrentizio e carsico ha generato tante contrapposizioni, tensioni. Possiamo però dire, a ragion veduta, che la sua distribuzione è stata tuttavia nel tempo sostanzialmente equa come lo può essere una madre che ha tante bocche da sfamare.

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