TRA SENTIMENTI E DOVERI: “FIGURE FEMMINILI Aristocratiche”
Parlare e riflettere sulla donna, sul matrimonio e sull’amore nei secoli successivi al medioevo non è impresa facile.
Prima di tutto per la lacerante distanza che ci separa dagli uomini e donne di questi secoli;soprattutto una distanza mentale che spesso ci nasconde diversità di atteggiamenti rispetto a delle tematiche così coinvolgenti come quelle sentimentali.
L’ordine tematico proposto: donne, matrimonio e amore per certi versi è già indicativo di una prospettiva. Senza la donna, sui sentimenti, non c’è da fare alcuna riflessione di una certa valenza.
Ma la donna non è un soggetto amato dalla storia, è un protagonista silente che tende a lasciar poca traccia di sé, a sottrarsi facilmente alle sue parole.
Per poter raggiungere la donna bisogna far ricorso ai testi, in definitiva alla parola scritta.
La donna moderna comincia a scrivere oltre a far scrivere, come la sua omologa medievale.
Tuttavia le fonti d’archivio che ci forniscono immagini di donne spesso ci danno una realtà deformante, deformata: un universo di donne “giumente del diavolo ”streghe, amanti, prostitute, mistiche esaltate.
Questo è il frutto del filtro giudiziario e inquisitorio che ci ha lasciato traccia di alcune di esse, mentre ci ha nascosto e ci nasconde la totalità di coloro: vergini, sposate, vedove, non cadute nella rete giudiziaria, per la loro vita troppo normale.
Esiste un mondo sommerso e un mondo salvato delle donne moderne.
Dire donna è dire amore! perciò dire donna e far precedere all’amore il matrimonio, in una ideale gerarchia di valori, sembra ai nostri occhi contemporanei un controsenso.
L’uso che oggi facciamo della parola “amore” ci fa spesso dimenticare che l’ideale amoroso è stato nella tradizione europea un modello di relazioni fortemente condizionato da norme sociali e personali.
In realtà la storia ci evidenzia come la donna, in questi secoli, sia ostaggio, merce in una società che la usa per la conservazione del patrimonio familiare, come via più breve dalla guerra alla pace, dal disordine all’ordine sociale.
Per certi versi l’epoca moderna fa fare dei passi indietro alla donna. L’affermarsi dello stato moderno, accentrato, toglie alla donna quello status, potere e visibilità conquistati nel medioevo.
Quando il matrimonio era almeno nelle classi dominanti affare politico oltre che sociale, in grado di equilibrare il sistema delle alleanze e il precario controllo del territorio.
Varie testimonianze
Attestano che in pieno Rinascimento, e anche successivamente, con l’affermarsi di primogeniture, maggioraschi, fedecommessi molto spesso le ragazze vengono date al marito, al monastero contro la loro volontà.
Dovranno passare secoli, prima che si generalizzi l’idea del matrimonio come unione al di fuori di qualunque pressione, ma anche fondata sull’intima attrazione, sulla reciproca stima dei coniugi.
Il principio conquistato nel medioevo del consenso al matrimonio viene palese- mente violato nell’epoca moderna, così come l’esogamia (cercare il coniuge fuori del proprio gruppo sociale), ribadita dalla teologia cristiana fin da S.Agostino di Tegaste; questa pratica non trova concilianti i signori della nobiltà.
E’ la storia di Marianna ValGuarnera mirabilmente descritta da Dacia Maraini nel suo romanzo su Bagheria,1993.
A 19 anni sposerà Saverio, il fratello di suo padre di 55 anni.
Marianna è sorda e muta dai primi mesi di vita. Con questo matrimonio il beni del padre di Marianna, Pietro, vanno a Saverio che avrebbe tenuto una vita difficile da cadetto e così l’onore e il patrimonio dei Valguarnera-Gravina è salvo.
Per conservare intatto il patrimonio questi non esitano a unirsi in matrimonio fra parenti, anche se tale unione viene dichiarata incestuosa dalla Chiesa.
L’amore emancipato dalla contrapposizione medievale, profano e sacro, libero e ordinato, dopo le digressioni de l’amor cortese, torna in circoscritti ambiti:matrimonio domestico, corte e clausura.
Spose di uomini e spose di Cristo, le donne sono identificate con una metafora che implica un rapporto con il maschile definito dalle più antiche e radicate tradizioni culturali e religiose della società mediterranea e occidentale.
La condizione sponsale comporta infatti, pur nel riconoscimento cristiano della pari dignità fra sessi, la soggezione della donna all’uomo, l’accettazione del ruolo sociale subalterno, della trasmissione dei beni per via agnatizia.
La giustificazione di un sistema giuridico basato sulla tutela, la sua riduzione al privato familiare a rapporti affettivi, di relazione, culturali ridotti, controllati.
In qualunque condizione viva, quello di moglie o monaca, lo status che la distingue è quello di sposa.
Solo con il crollo dell’Antico Regime, del suo sistema sociale, economico, politico, che comporta introduzioni di nuove norme relative all’ambito famiglia, al regime di proprietà, l’identità femminile si emanciperà da questo unico stato concessole.
Tuttavia nella lunga durata dei processi di evoluzione dell’identità femminile l’epoca moderna ci presenta anche un allargamento delle funzioni e dei ruoli sociali della donna, fino al riconoscimento di altre vie alternative al matrimonio e alla clausura.
La scoperta e valorizzazione
del corpo incominciata già, tra XI e XII secolo, da alcuni commentatori cristiani del Cantico dei Cantici, trova ad esempio, nel XVI secolo, in Teresa d’Avìla e Juan de la Cruz una felice sintesi tesa ad eliminare il dualismo amor carnale e amor divino.
Questo condurrà ad un linguaggio comune pur rispettando la diversità di ambiti tra amor profano e amor mistico, divino.
E’ l’approdo dopo un lungo cammino: dall’ascetismo tardo medievale, teso a vagliare tutte le virtù e debolezze della carne di cui la donna era emblema e per questo considerata inferiore, alla positività del corpo di cui lo stesso Cristo incarnato è testimone.