Giuseppe Fornelli Storia civile e religiosa di Piossasco
Giuseppe Fornelli, Storia civile e religiosa di Piossasco, ristampa , Piossasco 1990
Giuseppe Fornelli (Cafasse, 1890-1978) fu parroco della Chiesa di San Vito dal luglio 1931 al 1968, quando lasciò la parrocchia perché aveva raggiunto i limiti di età.
Negli ultimi anni di permanenza a Piossasco si dedicò allo studio e alla compilazione della “Storia civile e religiosa di Piossasco”, volume di 396 pagine che raccoglie le vicende della città dal mille circa agli anni ‘60 del 900, quando venne dato alla stampa (precisamente nel 1965).
Il volume venne ristampato nel 1990, a ricordo del centenario della nascita dell’autore.
La Chiesa di San Vito (sintesi)
La Chiesa di San Vito è la seconda chiesa che fu costruita nella città di Piossasco.
La prima chiesa sorse nei primi secoli dell’era cristiana, quando Torino divenne sede vescovile e i paesi della regione, come Piossasco, divennero parrocchie.
Fu costruita presso il monte San Giorgio, perché a quei tempi le prime chiese cristiane dovevano essere nascoste, in modo da non essere trovate dai persecutori della fede.
Con molta probabilità la chiesa sorgeva presso il colle, sul quale venne poi costruito il Castello.
Più sotto sorsero poi altri castelli, che vennero difesi da un recinto di mura. Dentro questo recinto, vi è tutt’oggi una cappella, la Cappella di San Pietro, che probabilmente sorge sull’area della prima Chiesa di Piossasco.
Intanto la popolazione aumentava e quindi aumentava il numero di case, che venivano costruite fuori dal recinto dei castelli.
Si era così formato un borgo, al centro del quale era stato lasciato sufficiente spazio per la piazza, sulla quale doveva sorgere la Chiesa e poi il Palazzo Comunale.
La piazza diede poi il nome alla frazione, che ancora oggi è detta “Piazza”.
Al centro di queste case venne costruita attorno all’anno mille un’altra Chiesa, la seconda chiesa di Piossasco.
Di essa si conserva solo l’abside di età romanica, oggi annesso all’attuale Chiesa parrocchiale di San Vito, accanto al campanile.
Questa Chiesa diventava piccola di fronte alla popolazione che aumentava, venne quindi prolungata in avanti.
Questo fatto è evidente osservando l’esterno della parete che si affaccia sulla piazza: essa è stata conservata e fa parte della navata laterale della nuova Chiesa.
Su una lesena si può tutt’oggi ammirare l’affresco che riproduce la figura di S. Antonio Abate, affresco che risale al 1465, quando era Priore di San Vito frate Gabriele De Buri.
La chiesa si prolungava poco più oltre l’affresco, ma anch’essa era diventata ormai insufficiente per il numero degli abitanti, per cui si costruì una nuova grande Chiesa.
Dalla pianta risulta che la Chiesa:
- È di tipo basilicale
- Ha tre navate di forma rettangolare
- Non ha l’abside (è preesistente quello romanico)
- È lunga circa 30 metri e larga 18
- La volta è a botte, sostenuta da cinque grandi arcate, che poggiano su grossi pilastri quadrati
Si entra in Chiesa attraverso tre porte:
- La più grande, quella centrale, rivolta verso i Castelli
- La seconda nella parete laterale verso la piazza
- La terza e la più piccola nell’altra parete laterale dalla parte della canonica, dove oggi c’è la Sacrestia
La Chiesa fu costruita attorno al 1600, forse prima del 1595. Nel dire questo ci si basa su due Visite pastorali: una è quella di Mons. Angelo Peruzzi del 1584, nella quale non si parla ancora della nuova chiesa.
E l’altra è quella dell’Arcivescovo di Torino Mons. Carlo Broglia che fu compiuta nel 1595, dove si parla della grande Chiesa e dei suoi molti altari
La Chiesa di San Vito (a metà del ‘900 quando scrive Il Fornelli):
L’altare maggiore:
La sua costruzione è rimasta invariata rispetto a quando fu costruito, nel 1595-1600.
Nel 1700 si è arricchito di una grande icona ovale, posta sopra l’altare che rappresenta la gloria e il trionfo di S. Vito: il Santo è in alto, circondato e sollevato da angeli, mentre in basso sono rappresentati S. Modesto e S. Crescenza e più in basso si vedono gli strumenti del martirio di S. Vito.
Al di sopra del quadro è posta una corona da cui partono raggi dorati e la parete si innalza fino alla volta, terminando con fregi d’oro, in mezzo ai quali è presente l’iscrizione: “DOM Vito Patrono Pietas Plossasci In bello sacrat 1704” (A S. Vito patrono la pietà dei Piossaschesi durante la guerra consacra 1704).
Il quadro fu quindi inaugurati nel 1704, durante la guerra di successione spagnola che portò all’assedio di Torino e alla sua liberazione nel 1706.
I Piossaschesi per devozione al loro patrono e per riparazione dell’offesa fatta alla chiesa qualche anno prima (durante la battaglia della Marsaglia, 1693) hanno voluto erigere e consacrare questo imponente altare.
Gli altari laterali:
tutti gli altari hanno qualcosa in comune che riguarda lo stile: tutti hanno per icona un quadro, e nei lati sono presenti due colonne con ricchi capitelli sormontati da putti e angioletti.
- il più ricco e grandioso è quello del Sacro Cuore di Gesù. Autore della tela è il pittore Nino Pirlato da Racconigi
- l’icona dell’altare della Sacra Famiglia è di un certo Stura, pittore di Torino
- l’icona dell’altare del Crocifisso è uno dei più preziosi quadri che possiede la Chiesa (nel retro del quadro è scritto: Vittorio Rapus fecit 1754).
Oggi questo quadro è conservato nella Chiesa Santi Apostoli
- altra tela pregevole è quella esposta sulla porta della sacrestia, raffigurante l’Arcangelo Raffaele e il piccolo Tobia, il quale è guidato dall’arcangelo nel suo viaggio, narrato nella Bibbia. (oggi la tela è posta come icona dell’altare del SS Crocifisso)
- anche l’icona dell’altare di Sant’Antonio è opera del pittore Nino Pirlato (tela che raffigura Sant’Antonio, oggi posta nella sacrestia)
- Unico altare che non ha per icona un quadro ma una statua è quello del Rosario, che con una cappella chiude la navata laterale destra. La statua della Madonna del Rosario, chiusa in una nicchia, è di legno, lavorata in Val Gardena dai famosi scultori della Valle.
Questi altari, non hanno più patroni, che ne abbiano l’obbligo della cura o manutenzione, come era nel passato.
L’ultimo patrono fu quello dell’altare dell’Immacolata, che forma la cappella in fondo alla navata laterale di sinistra: era la nobile contessa Gabriella Piossasco di None, morta nubile nel 1933.
I suoi eredi e parenti rinunciarono a ogni loro diritto sia per l’altare che per il sepolcro, nel sottosuolo della cappella.
Rami e membri della famiglia Piossasco:
fonti:
- Antonio Manno, Il Patriziato Subalpino
- Fornelli, Storia civile e religiosa di Piossasco, Litografia Valetto-Torino, Piossasco 1990:
La famiglia Piossasco è una delle famiglie feudali piemontesi più antiche e influenti. Il loro feudo si estendeva in tutto il Piemonte e avevano relazioni con le famiglie più illustri, ad esempio i Savoia.
Antonio Manno (1834-1918) fu un critico e filologo piemontese, che scrisse un dizionario genealogico sull’aristocrazia del Piemonte intitolato ‘Il patriziato subalpino’.
Egli della famiglia Piossasco scrive: “I Piossasco rappresentano uno dei quattro Conti di Piemonte che nelle occasioni solennissime e nei giuramenti di fedeltà, precedevano tutte le Nobiltà Piemontesi”. I quattro Conti erano: i Piossasco, i Luserna, i San Martino e i Valperga.
I Piossasco per alcuni secoli furono semplicemente Signori di Piossasco, poi divennero Conti.
Il Capostipite dei Signori di Piossasco è Merlo I, primo Castellano di Piossasco che visse attorno al 1090.
In quell’epoca il Castellano abitava nel Castello e rappresentava la persona stessa del Signore, o Conte o Marchese, facendo le sue veci: riscuoteva i tributi, amministrava la giustizia penale e provvedeva a tutto ciò che riguardava le armi e le imprese militari, reggeva la Corte.
Si legge il suo nome in un documento del 1098, dove il signor Merlo compare come testimone di un atto pubblico in cui Umberto II, conte di Savoia (1065-1103) dona all’Abbazia di Pinerolo i suoi possedimenti a Frossasco.
Nell’atto il signor Merlo viene chiamato ‘Castellano di Piossasco’. Sempre con Umberto II, Merlo I partecipò alla prima crociata (1096-1099), con i suoi soldati sotto la sua bandiera.
Questo dimostra la sua amicizia con i Savoia e la sua riconosciuta potenza militare.
Merlo I aveva nelle vene sangue regale, discendeva dal nobile Anscario Marchese di Ivrea (morto nel 901) e un suo antenato aveva sposato una discendente di Carlo Magno.
A Merlo I succedette Gualteri
(morto nel 1134), suo genero. Egli è riconosciuto come ‘il primo signore di Piossasco’, perché nei documenti pubblici si cominciò ad usare la parola ‘Dominus’ (signore), quindi inizia il titolo Signorile dei Piossasco.
A quei tempi i Signori cominciarono a reggere da veri padroni e da sovrani le terre affidate alla loro amministrazione; per questo si può dire che Gualtieri è stato il fondatore del Feudo di Piossasco, allargando fin da subito i suoi confini e includendo anche i territori di Volvera.
Dopo Gualteri, il feudo passò nelle mani del figlio Gualfredo I (morto nel 1175).
Quando alla morte di Amedeo III (1148) si affievolì l’autorità sabauda, a Gualfredo fu concesso il Cittadinatico di Torino (giuramento tra alcuni soggetti e un comune: i primi riconoscevano l’autorità del comune, erano obbligati a risiedervi per un periodo e pagavano degli oneri, in cambio il comune riconosceva ai cittadini diritti e privilegi): questo dimostra che a quell’epoca i Piossasco erano già signori potenti e considerati, poiché il Cittadinatico non era concesso se non a persone di un certo prestigio.
Attorno al 1200 a Gualfredo succede Merlo II, il quale aveva un fratello chiamato Fiero Ardizzone (fiero era un titolo, perché prese parte a molte battaglie sostenute con energia).
I due fratelli sono coinvolti in un importante fatto storico: l’imperatore Federico Barbarossa nel 1185 concesse ad Ulrico, signore di Rivalta, di riedificare il suo castello però ad alcune condizioni, a garanzia delle quali si dovevano dare in ostaggio all’Imperatore sei nobili cavalieri.
Fra questi vi era Ardizzone di Piossasco
e presente come testimone alla firma delle condizioni vi era anche Merlo II, suo fratello.
Questo fatto dimostra che le famiglie dei Piossasco e dei Rivalta erano in buoni rapporti e che i Piossasco erano tenuti in alta considerazione del potente Imperatore Barbarossa.
A Merlo II succede il figlio Gualfredo II. Egli fu soprannominato ‘Folgore’, forse per il suo carattere vivo e dinamico. Fu capostipite del ramo dei Piossasco detto ‘Ramo de’Folgore’, il quale tra i quattro rami era il più importante.
Tra il 1200 e il 1300 i Piossasco si divisero in quattro rami:
- Piossasco De’Federici (De’ Federicis) discendenti di Federico Piossasco (signore di Beinasco)
- Piossasco De’ Rossi (De’ Rubeis) discendevano da un Piossasco di nome Rosso detto anche Rubeo o Rubeus.
- Piossasco De’ Fea (De’ Feis) discendevano da Ardizzone Piossasco Fea
- Piossasco De’ Folgore (De’ Fulgure) discendevano da Gualfredo II
Questi quattro rami
possedevano i propri sepolcri nella Chiesa di San Vito.
Dai quattro rami principali nacquero nuove e molteplici ramificazioni, nuove famiglie che formarono le numerose linee genealogiche.
Aumentando le famiglie dei Piossasco, il Feudo cominciò ad allargarsi: con mezzi pacifici i Piossasco diventarono Signori di molti paesi come None, Airasca, Scalenghe, Castagnole e Piobesi.
In questi paesi posero la loro residenza e su di essi esercitavano dominio e giurisdizione. Le linee genealogiche per distinguersi fra loro, al nome Piossasco aggiunsero il nome del paese di cui avevano la Signoria.
Linee genealogiche che possedevano un altare nella Chiesa di San Vito:
- Ramo Piossasco De Rossi linea di Rivalba: uno dei componenti di questa linea, Vittorio Francesco, ha posseduto l’altare dell’Immacolata.
Nel 1817 morì il suo ultimo figlio, Baldassare Pancrazio, e quindi si estinse la linea di Rivalba. La proprietà dell’altare passò ai conti di None. - Ramo Piossasco De Rossi linea di None: linea che ebbe più lunga durata (1100-1933) e va da Rosso, il capostipite dei De Rossi, all’ultima rappresentante e ultima discendente dei Piossasco, Gabriella Giuseppina Delfina Piossasco, Contessa di None: morì nubile nel 1933 e venne sepolta nella tomba dei suoi antenati, sotto l’altare dell’Immacolata nella Chiesa di San Vito. Questa linea possedeva anche l’altare dell’Angelo Custode.
- Ramo Piossasco De Rossi linea di Airasca: questa linea ha posseduto l’altare di San Giuseppe e Sant’Anna. Il conte Gaspare Domenico (che morì nel 1791) è nominato come proprietario dell’altare nella visita pastorale del 1775.
- Ramo Piossasco De Feis: I De Feis erano i proprietari dell’altare di Sant’Orsola (Carlo Piossasco de Feis è nominato nella visita pastorale del 1753)
- Ramo Piossasco De Folgore linea di Scalenghe: questa linea originariamente possedeva due altari, l’altare di Sant’Antonio da Padova e l’altare della Santa Croce (e di San Mattia). Dalla visita pastorale del 1775 l’altare della Santa Croce (l’unico rimasto di proprietà di questo ramo famigliare) divenne di proprietà del nono ramo della famiglia (a causa dell’estinzione degli altri rami) chiamata anche linea di Bardassano.
- Nella visita pastorale è infatti indicato come proprietario Giuseppe Domenico Piossasco Di Bardassano(1709-1784).
Informazioni prese dai bollettini parrocchiali scritti da Don Giuseppe Fornelli dal 1932 al 1968
bollettino del 1932:
Nell’anno 1932 sono stati effettuati diversi lavori nella Chiesa di San Vito. Venne rifatto interamente l’impianto della luce elettrica e vennero aggiunte nuove luci attorno all’altare maggiore.
Vennero inoltre restaurate due cappelle: la cappella del Santo Rosario e quella dell’Immacolata Concezione.
bollettino del 1956:
“Gli altari laterali della nostra Chiesa, tutti in stile barocco, avevano bisogno di miglioramento. Due soli erano di marmo; mi promisi il programma di ricostruirli tutti in marmo; e con l’aiuto di Dio e della popolazione, ci sono riuscito”. (Fornelli)
Altari già in marmo: Altare dell’Immacolata Concezione e della Sacra Famiglia.
Altare della Madonna del Rosario.
Si trova a sinistra dell’altare maggiore e chiude la navata laterale destra. La cappella è dedicata alla Madonna del S. Rosario e qui sono erette le Compagnie del Rosario e dei sacri Cuori di Gesù e di Maria.
In questa Cappella si celebra la Messa ogni primo sabato del mese; si prega per la conversione dei peccatori e per il bene dei vivi e dei defunti, appartenenti alle due compagnie.
Data l’importanza di questa Cappella, fu una delle prime ad essere restaurate: in Val Gardena Fornelli acquistò una statua in legno della Madonna del Rosario e la mise nella nicchia sopra l’altare, fra le preziose tavole pitturate dei 15 misteri del rosario. Inoltre ordinò e fece porre un altare perfettamente intonato allo stile della Cappella, adatto alla sua forma rotonda.
Questo nuovo altare di marmo venne consacrato da Mons. Pinardi il 21 agosto 1932 in occasione della festa del Sacro Cuore di Maria. A completare i restauri, nel 1933 venne posta alla finestra della Cappella una nuova vetrata artistica, sulla quale sono riportati gli emblemi più espressivi della Madonna del Rosario.
Nella stessa navata laterale vi è l’Altare della Madonna del Suffragio.
Nella parrocchia di San Vito esisteva da molti secoli la Compagnia del Suffragio, la quale ha un altare proprio e ogni anno provvedeva per la celebrazione delle sante Quarantore (pratica devozionale che consiste nell’adorazione, per quaranta ore continue, del Santissimo Sacramento).
L’altare era misero e molto più misero e scadente era il quadro-icona.
Fornelli decise di restaurare completamente l’altare, commissionando un nuovo quadro che fu terminato nel marzo 1944.
Fu consacrato domenica 12 marzo da Sua Ecc. Mons. Ernesto Coppo Vescovo salesiano. Il quadro, opera del pittore Nino Pirlato di Racconigi, rappresenta la Madonna SS. del Suffragio, che libera le anime dal Purgatorio.
Ancora nella stessa navata laterale vi è l’Altare di S. Antonio Abate.
La Compagnia di S. Antonio Abate fu ricostituita e incrementata. Per darle sempre più importanza, venne acquistata una statua del Santo da esporre nel giorno della festa.
Fu poi sostituita da un gran quadro rappresentante S. Antonio in preghiera nel deserto. (di Nino Pirlato).
In chiesa la Compagnia ha il suo altare, che venne rifatto in marmo.
Altare nuovo e quadro nuovo vennero benedetti e inaugurati nel gennaio 1948 in occasione della festa annuale.
La spesa fu coperta dalla Compagnia e dalla generosità dei Parrocchiani, che nutrono molta devozione a S. Antonio abate, che invocano a protettore, specialmente delle loro stalle.
Il nuovo altare ebbe l’onore di essere poi consacrato da Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo, nella visita pastorale del 26 settembre 1948.
“Mentre con la cura delle Compagnie religiose ponevo solide basi morali e spirituali alla vita parrocchiale, rivolsi pure le mie attenzioni a migliorare ed abbellire la nostra già bella Chiesa”
(Fornelli)
All’inizio degli anni ’30 del ‘900 venne installato un nuovo impianto di luce elettrica all’interno della Chiesa di San Vito: furono posti due nuovi lampadari a piramide, ai lati dell’altare maggiore, che era illuminato anche da due forti riflettori. L’altare maggiore doveva essere quello più illuminato, perché era la parte più importante della Chiesa.
Ad ogni altare laterale venne posta una presa di luce per ogni evenienza.
Nella settimana santa del 1932 venne inaugurato il crocifisso in legno posto sull’altare maggiore, che fu prodotto in Val Gardena (Veneto) su richiesta di Fornelli.
Nella navata laterale sinistra vi sono gli altri due nuovi altari:
Altare del Sacro Cuore di Gesù.
La funzione del primo venerdì del mese si svolgeva attorno ad una semplice e non bella statua del Sacro Cuore.
Un giorno, Fornelli, per ravvivare questa devozione e rendere più solenne la funzione del primo venerdì, lanciò l’idea di un altare in onore del Sacro Cuore di Gesù.
L’idea fu ben accolta e divenne realtà.
Il nuovo altare venne inaugurato e consacrato domenica 2 giugno 1940 da Sua Ecc. Mons. Pinardi.
Sopra l’altare venne collocato un vistoso quadro, rappresentante l’apparizione di Gesù a Santa Margherita Alacoque.
Anche gli stucchi che circondano il quadro vennero ritoccati e messi in risalto; l’altare divenne il più bello di tutti.
E da allora su quest’altare si celebrò la Messa ogni primo venerdì del mese.
Altare di S. Giovanni Bosco.
In origine si chiamava Altare del Crocifisso, così detto per il grandioso e artistico quadro che faceva da icona.
All’epoca di Fornelli il nome fu cambiato in Altare di S. Giovanni Bosco, per la personale devozione del parroco ai Salesiani.
L’altare è stato inaugurato e consacrato da Sua Eccellenza Mons. Arduino, Vescovo Salesiano, il 29 aprile 1956, quel giorno fu celebrata per la prima volta la festa di S. Giovanni Bosco e Fornelli celebrò la Messa sul nuovo altare.
In seguito alla visita pastorale del settembre 1934 effettuata dall’Arcivescovo Maurilio Fossati, nei bollettini di ottobre, novembre e dicembre 1934 Fornelli si chiede quante visite sono state fatte nella parrocchia di San Vito e parla in modo particolare della visita pastorale del 1668.
“In occasione dell’ultima della Visita Pastorale, molti hanno fatto questa domanda: chissà quante visite Pastorali si sono fatte nella nostra Parrocchia?
Certo bisogna dire che furono tantissime, dato che la Parrocchia è antichissima.
Abbiamo però voluto aprire i vetusti e sbiaditi documenti dell’Archivio parrocchiale ed abbiamo trovato descritta minutamente la Visita compiuta qui nel mese d’ottobre del 1668 dall’Arcivescovo di Torino, Mons. Michele Beggiamo.”(cfr visita pastorale 1668 per integrazioni)