San Grato è lì a convogliare le auto, con qualche macchia di umidità e adolescenziali scritte spray sui muri.
Eppure non è in un luogo isolato, nascosta agli occhi dei più.
Oggi La chiesetta fa da rotonda a chi vuol andare al vicino supermercato.
Quel che non si vede è tutto dentro.
La fretta non ci lascia il tempo di buttare l’occhio all’interno. L’icona, che doveva campeggiare originariamente sul frontespizio, è là abbandonata assieme a qualche banco rotto, a materiale di risulta.
L’affresco della Madonna con Bambino sfiorito dietro l’altare.
Ci verrebbe da suggerire una nuova dedicazione: da San Grato a Santa Ingratitudine.
Vedendo tanto abbandono mi sorge una domanda:
Il patrimonio culturale e paesaggistico è ancora un bene comune, una eredità da conservare?
Quel che rimane dei manufatti locali dei secoli passati sono oggetto del ricordo e nostalgia di pochi o beni di un territorio in cui tutti viviamo?
A passare vicino al Pilone “quattro gambe” entrando in Piossasco o buttando l’occhio all’interno di San Grato verrebbe da pensare di no.
Tra il colore delle scritte del giovane graffitaro e la ritinteggiatura un po’ naif della cancellata attorno al Pilone, io indulgo per la seconda. Il blu “Grecia” ci azzecca poco ma almeno si vede la pietas della persona.
A San Grato si attribuisce il ritrovamento della testa di S.Giovanni, oltre alla protezione dalle calamità atmosferiche.
Speriamo che interceda ancora per far rinsavire le nostre teste e evitarci altre calamità culturali.
09/08/2016