Contado dei Piossasco Conferenza del Touring
6/9/2015 Conferenza
Parlare di contado dei Piossasco , il termine contado ha una pluralità di significati alcuni hanno una certa ambiguità.
ll contado, almeno per i medievisti ha sempre avuto una sua logica in riferimento a un centro urbano
abbiamo tutti, credo negli oggi l’affresco di Ambrogio Lorenzetti e la Siena del Buon governo, dove il centro urbano si contrappone al paesaggio agrario fuori le mura, così di Firenze
Una delle prime volte dove ricorre il termine contado, in un saggio storico, legato ai territori soggetti ai Piossasco è forse il testo di A.Dalla Chiesa(1635), Corona Reale, poi ripreso
E.Manno, F. Casalis, Luigi Provero, Terraneo, Spreti
nell’AST il termine contraddistingue un periodo vasto di documentazione dal 1285 al 1773
Il contado si contrapporrà all’intendenza per far fronte al fiscalismo regio e strapotere cittadino
nello stato sabaudo il contado di questo tipo non esisteva 15 sett.1775
perché il fenomeno comunale, come si delinea in altre parti d’Italia, non si afferma, perché i centri urbani hanno in Piemonte una diversa storia rispetto al Centro Italia
Lo stesso concetto di Piemonte è ambiguo perché sotto questo termine si radunano nei secolo basso medievali realtà profondamente diverse:
Vercelli, Novara, Alessandria—influenzate dalla vicina Lombardia
Asti e Alba—–animate da una forte autonomia cittadina
Ivrea—-legata a forme di dominio signorile
al cuneese—Cuneo, Fossano, Mondovì, Saluzzo con forme miste tra nuove e vecchie forme di giurisdizione
Torino svolge una duplice funzione: una quale sede del potere vescovile e concorrente dei distretti incastellati ( a tal punto che i Piossasco pur prendendo il cittadinatico imprigionano lo stesso vescovo nel 12…)
Con scarso controllo del suo territorio circostante se non a macchia di leopardo(vedi Marsaglia)
Vedi Marsaglia
Vedi Airasca
La seconda fase
è quella in cui i poteri signorili, anche i Piossasco, si allineano sotto il manto dei Savoia
Torino diventa la capitale, riducendo gli altri centri a una subalternità (vedi Saluzzo) soffocando la loro capacità di attrazione.
Nella prima fase, quella propria dei primi secoli medievali.
I Piossasco riescono in questo territorio di debolezza dei poteri, di MEZZO riescono a aggregare una pluralità di giurisdizioni e di proprietà che ha un suo continuum e anche altre dipendenze sparse.
In questo contesto stellare e non concentrico del potere essi mettono insieme un territorio di produzione, spesse volte è proprio la proprietà allodiale a permettere questa espansione, quando non l’usurpazione
In altri casi e l’avvicendamento dinastico a favorirli,
ma il primo imput viene dato dal controllo di una porzione di territorio in cui le vie di comunicazione sono ai nostri occhi oggi marginali ma per molto tempo alternative alle vie più battute alle strade da e per la Francia.
In questa ultima specificità si colloca anche il controllo delle vie spirituali, come abbiamo sentito la loro presenza nell’Ordine di Malta ben si spiega con quanto già svolgevano su questi territori (Scalenghe, Piossasco, S.Pancrazio)
Quando nel 1158
con la dieta di Roncaglia si torna a un accentramento giurisdizionale dei diritti pubblici e a una loro netta separazione da quelli patrimoniali i Piossasco vedono giocoforza ridursi i luoghi a loro soggetti solo in unità di produzione a cui sono assoggettate le comunità rusticali che però cominciano, in una dinamica di tipo economico-capitalistico, rivendicare il loro diritti di autonomia e di autogoverno.
Non è dunque una dinamica Città- campagna a relazionare Torino e i territori dei Piossasco ma una centralizzazione nelle mani dei Savoia favorita da tempo dallo stesso potere imperiale
È il loro volere a porre in essa la capitale, a determinare una subalternità della consorteria al centro urbano più vicino e importante.
Ma se la consorteria dall’epoca moderna si inurberà al servizio della corte, quale rapporto terranno con i loro feudi dal punto di vista economico e anche affettivo?
In un momento in cui muoiono le province e nasce l’area metropolitana il problema del rapporto centro periferia si pone oggi come allora, soprattutto per il torinese dove la città deve accorgersi di un paesaggio sfuggente, politico da gestire, il linguaggio della mediazione pone come prioritario l’essere riconosciuto come soggetto.
Per essere riconosciuto come soggetto è necessario costruire, sperimentare forme di aggregazione, in queste terre di Mezzo, oggi come allora , nuove pratiche amministrative che devono favorire il governo complesso, articolato di esigenze: il governo degli uomini, delle cose, tra cui i beni culturali e immateriali, del lavoro e dei territori