Intervento Del ( 23/3/2004 )
PERCHÉ BISOGNA DIRE NO alla prospettata centrale FIAT
Le ragioni che ci fanno dire no a questa centrale hanno motivazioni attuali ma anche radicate nel tempo.
Per quanto riguarda Piossasco una costante: molte cose che interessano il suo territorio sono decise lontano, poco importa se in ambiti dove comanda l’economia o la politica. Il parere della gente, della popolazione è considerato spesso irrilevante, certamente sentito a valle di ogni decisione.
Una grande industria decide di insediarsi in un luogo, un ministero di costruire un’autostrada, un privato una centrale elettrica, un’amministrazione regionale una discarica e nessuno si parla, tutto è deciso a compartimenti stagni e le problematiche si sommano, si accavallano.
Non parliamo poi del tener conto della memoria storica dei luoghi, del prendere in considerazione esperienze passate e vissute.
Il risultato di questo procedere è evidente: linee elettriche ingabbiano sempre più il cielo, e terre rosse, un tempo protette da bandi regi, oggi sono candidate ad essere ridotte in pattumiera.
Piossasco nei primi anni sessanta aveva 3500 abitanti, paese agricolo sospeso tra montagna e pianura.
Poi l’arrivo della FIAT negli anni sessanta; questa si insedia non sul nostro territorio ma su quello di Rivalta, su una lingua di terra larga qualche chilometro del territorio di questo comune, ma molto più vicino al centro di Piossasco, di Orbassano e Volvera su cui vengono a gravare la maggior parte dei problemi strutturali.
Le conseguenze
del tumultuoso sviluppo sono tuttora visibili nell’urbanistica del comune; a queste lentamente si è cercato di porre rimedio.
Sorvolo sull’impatto sociale, perché credo sia una costante di tutte le aree industrializzate del Nord Italia di quei decenni.
Passare dai 3500 ai 16000 abitanti di oggi non è stato indolore, sia per i locali sia per chi è migrato qui da tutte le parti d’Italia.
Il prezzo pagato dal territorio nel passato in scempio edilizio, fumi, profumi e rumori che ogni giorno ci regalava questa realtà industriale aveva però una sua contropartita: il lavoro.
Oggi la grande industria torinese smobilita, ci dice che le regole del mercato impongono di andare da altre parti.
Poco importa che la gente con fatica di decenni, dopo stravolgimenti e sradicamenti si sia ritrovata, assestata.
Il prezzo sociale non è una variabile da prendere in considerazione dalle regole di mercato.
Si smobilita, Si ridimensionano gli organici, meno posti di lavoro e nella riconversione della sua area si pensa ad una centrale a Gas di 400 Mw.
Conseguenza: nuova occupazione offerta irrilevante, impatto ambientale altissimo.
Non penso dicendo queste cose di evidenziare cose non note, Tuttavia di fronte all’orizzonte della dismissione delle grandi aree industriali, come quella di FIAT Rivalta e ad un ripensamento generale dello sviluppo economico locale, non posso non pormi una domanda:
” su quali risorse può far leva Piossasco per il futuro?”
Il paese ha goduto per secoli di una rendita di posizione dal trovarsi tra pianura e montagna.
Il Medio Evo gli ha lasciato un ricetto importante con diversi castelli e edifici di pregio, così nel borgo alto di S.Vito.
La Torino nobile e borghese, di fine Ottocento inizio Novecento, nel tempo delle vacanze in campagna, era di casa a Piossasco.
A nord, alle spalle dell’insediamento, troviamo un’area significativa, come il Monte S.Giorgio, polmone verde, con un microclima particolare.
Delle terre della pianura e della loro riconosciuta qualità ho già accennato.
Vorrei ricordare che il territorio è notoriamente povero di corsi d’acqua rilevanti, tanto da costringere a ricavare nel Medio Evo un canale artificiale: Il Sangonetto da un altrettanto povero torrente il Sangone.
Una centrale
che consuma 33-50 Mc d’acqua all’ora non si capisce perché dovrebbe insediarsi in un luogo di nome Gerbole, quando già l’etimologia del toponimo lancia qualche avviso avverso.
Le risaie citate nella relazione, forse per giustificare le necessità idriche della centrale, ricordo che sono fallite nel Seicento come sperimento colturale proprio a causa della carenza idrica.
Il passato di Piossasco, oggi ritorna per una riqualificazione del territorio per offrire alternative di lavoro.
Piccolo turismo culturale, ambientale, associato al settore della ristorazione, con un rilancio anche di un’agricoltura di qualità sono le carte che si vogliono giocare.
Certo non si vuol dire che lo sviluppo del terziario sostituirà tutti i vuoti lasciati dal secondario legato al mondo e indotto dell’auto.
Sappiamo però che il dimagrimento e la dismissione del settore auto può portate anche nel secondario al rilancio di una pluralità di attività.
Questo non è utopia spicciola perché questa plurirealtà industriale ha avuto a Piossasco una sua storia prima e durante l’affermazione della FIAT.
Fabbriche di liquori come la Baudino e la Oberto, fabbriche di spazzole e brusche, una fabbrica di lampadine come La Cruto, poi rilevata dalla Philips, feltrifici e meccanica di precisione sono le attività che hanno fatto conoscere quella Piossasco industriale non FIAT dipendente.
Alcune di queste attività sono giunte quasi fino ai nostri giorni altre attendono chiedono spazio.
Rinserrare il territorio di Piossasco in una ulteriore ragnatela di fili che salgono scendono la montagna che si infossano nei suoi terreni di pianura, saturare di fumi il suo particolare microclima.
Ridurre in pattumiera le sue terre rosse sui confini di Volvera mi sembrerebbe un ulteriore, reiterato colpo mortale ad un territorio che al contrario meriterebbe di essere riqualificato e incoraggiato nei passi che già sta facendo in questa direzione.