Articolo di giornale 17/10/2006, Il Sangone
Sabato 14 ottobre, presso la biblioteca N.Revelli, si è inaugurato con il professor Giuseppe Papagno il ciclo di conferenze “caffé con l’autore”. Un nome che ai non addetti e adepti di storia dice poco ma che merita di essere conosciuto.
Docente di Storia contemporanea all’ Università di Parma. Ha svolto ricerche sulla politica portoghese, sull’espansione coloniale e sulla formazione dello stato in età moderna.
Ha partecipato con saggi alla Storia d’Italia e agli Annali Einaudi. Per la stessa casa editrice ha curato alcune voci nell’Enciclopedia. Di questa opera è stato consulente editoriale per tutto l’arco della pubblicazione, al fianco di Ruggiero Romano.
Accompagnato e presentato dal suo attuale editore ha preso spunto da tre suoi saggi pubblicati dalla Diabasis nella collana I Ricercari:
Un modello per la storia (2000), Altrove, viaggi nel diverso, viaggi nella storia(2003), I Portoghesi d’oro (2006 riediz)
per parlare di storia, di come fare storia, delle dimensioni in cui si muove la storia.
Dall’orizzonte storico del Portogallo, dell’età aurea, lo studioso ha tratto alcune considerazioni che sono alla base della sua metodologia. Se si analizza un qualsiasi periodo storico si scopre che gli avvenimenti si muovono secondo logiche che non sono modelli universali.
Neanche l’essere umano porta in sé, nonostante le teorizzazioni del pensiero greco, archetipi, modelli intriseci, validi ad ogni latitudine. Papagno sottolinea con questa premessa come la realtà storica sia soggetta ad una concezione razionale che nel tempo e nello spazio muta e sconfessi ogni storicismo ogni necessarietà di causa ed effetto.
I Viaggi portoghesi alla conquista del “Mar Oceano” sono un esempio di un “Altrove”, di un ragionar diverso, di un cambio di mentalità che ha portato i suoi frutti. Quanto era valido allora è tuttora di attualità nelle urgenze e tensioni del mondo contemporaneo (vedi Occidente-Islam, terrorismo ecc. ecc.).
Questo nuovo orizzonte mentale dice Papagno, non solo nello studio della storia, implica un mettersi: a parte, in gioco, alla pari con culture diametralmente opposte alla nostra.
Il dibattito seguito ha portato la discussione sul come si fa storia nei vari gradi della scuola italiana. Si è “scoperto” che i livelli dove si può sperimentare e correggere le distorsioni storicistiche sono la scuola elementare e l’università.
Purtroppo alcuni esempi fatti dal docente universitario dimostrano come la libertà didattico-burocratica di questi due ambiti non è quella della scuola di secondo grado.
Condotta nella riflessione da mano esperta, la platea ha dimostrato il suo gradimento. Per motivi contingenti, una domanda è rimasta inevasa.
Parlando di paesaggi fisici, antropologici, mentali (anche locali) la storia in pratica cosa serve? Gli altri saperi sono disposti a darle spazio nel buon governo delle cose, a farla uscire dall’accademia?